Pensieri dall’India di Monica Massa
Siamo prigionieri dell’Attaccamento, la mente è continuamente catturata dal desiderio del possesso. Il desiderio di possedere, oggetti, beni materiali e non. La mente desidera gli oggetti che vede e tende ad elaborare un’immagine positiva di sé, attraverso il possesso dei medesimi. Siamo incessantemente stimolati dalla realtà esterna, quali che siano l’età, l’appartenenza geografica, la razza e il tempo. Siamo condizionati da ciò che desideriamo. Oggi è questo, domani è un’altra cosa, senza una fine. Cosa significa essere condizionati dal desiderio?
Significa che una volta soddisfatto lecitamente e ragionevolmente il bisogno che è alla base di una reale necessità di acquisto, non ci riteniamo appagati, perché subentra il desiderio di avere sempre di più e tale desiderio e questa tensione interiore diviene insaziabile. Non c’è mai fine al possesso e all’avere.
Significa anche vivere una vita, spesso l’intera vita, rincorrendo l’esteriorità, la materialità, la ricchezza. Il desiderio ha un prezzo, a volte propriamente materiale, un costo. Compro lo status, compro il prestigio, in modo che essi siamo me. In modo che essi dicono chi sono.
Accumuliamo oggetti in quantità notevoli nel corso della vita, a seconda delle fasi e delle nostre evoluzioni. Gli oggetti sono oggetti e hanno un loro funzione, di coprire, di dare comodità, persino di farci sentire bene, anche se questa funzione è di spesso breve durata. Spesso desideriamo acquistare “qualcosa” anche fortemente, sicuramente ne saremo entusiasti, ma dopo quanto tempo quell’oggetto non ci offre più la stessa intensità di piacere?
Sottolineo inoltre che in quest’era digitale l’acquisto è reso possibile dai siti, ventiquattro su ventiquattro, notte e giorno, on line.
A volte l’acquistare on line, sotto l’impulso di emozioni negative, l’insofferenza e l’inquietudine, si pensa che sia un sedativo dell’anima, si osservi invece come resta una soddisfazione effimera e momentanea. Quindi siamo condizionati e manipolati dagli oggetti e dall’immagine di essi. La società contemporanea è una società consumistica e illusoria. Fingiamo di cambiare noi stessi attraverso gli oggetti, forse qualcuno cambia davvero, ci passa attraverso, li usa, non ne viene usato. Come se essi, gli oggetti e il fine di averli, ci postasse dallo Scopo della nostra Vita; anziché favorirci verso di esso.
Si lavora per acquistare un’auto di valore o lavoro per realizzare me stesso, attraverso il lavoro. Lavoro per possedere una casa, preziosamente arredata o lavoro per avere una casa dove dormire, con pochi oggetti, che non mi distraggano dalla mia interiorità?
Tutto ciò che “riempie” ci rallenta.
Ci creiamo l’idea di noi, attraverso un oggetto, Io sono quella persona li, Io appartengo a quello status, Io sono ciò che indosso o Io sono dove vivo come zona distrettuale della città.
L’esteriorità non sempre corrisponde alla interiorità. Come si suol dire l’apparenza inganna. Noi non siamo esattamente ciò che abbiamo, sicuramente descrive una parte di noi, pratica, obiettivamente raggiunta attraverso impegno e si spera l’onestà.
Noi siamo sicuramente ciò che facciamo e ciò che diamo all’altro, agli Altri. L’attaccamento agli oggetti, all’esteriorità, all’apparenza rallenta il nostro cammino, come le strade diramate per giungere alla stessa metà, ma parallele, non dirette.
Impariamo a muoverci nella consapevolezza degli oggetti, nella consapevolezza dei mezzi e degli scopi, usiamo gli oggetti come mezzi e non come scopi. L’invito è quello di distinguere ad esempio quando si acquista, se si è mossi dal desiderio o da un reale bisogno. Senza entrare nel merito della scala dei beni primari di consumo e di quelli invece superflui.
Vi ho condotto in questa umile riflessione affinché diventiate critici nel vostro rapporto con gli oggetti, imparando a distinguere bisogni e desideri, diventando sempre più liberi nel muoversi verso il non attaccamento ed un inizio di distacco dall’Ego.